martedì 28 ottobre 2008

Un maggiolone tutto matto

L’Europa e l’America travolte da un maggiolone. Sembra una barzelletta. Eppure quello che è successo oggi ha dimostrato che a volte la realtà supera la fantasia. Non solo perché per qualche ora Volkswagen è diventata la più grande azienda al mondo per capitalizzazione (maggiore della somma di tutte le capitalizzazioni delle principali case automobilistiche del globo, Gm compresa) davanti perfino al colosso dell’oro nero Exxon. Tanto che il titolo è arrivato a pesare per l’11% sull’indice Eurostoxx e per il 27% sul tedesco Dax “drogandolo” con un rialzo del’11,28 per cento. La fantasia è diventata realtà quando nelle sale operative i trader si sono accorti, sgomenti, che i titoli Vw a quasi 1000 euro (due giorni fa ne valevano 200) avevano preso in ostaggio le principali banche del pianeta, già pesantemente debilitate dalla crisi finanziaria. Istituti blasonati del Vecchio Continente come la francese Societé Génerale (-12,2%), ma anche roccaforti quasi inespugnabili (mai dire mai, di questi tempi) come Morgan Stanley (-23%) e Goldman Sachs (-10%) che avevano fatto scommesse sbagliate sull’andamento al ribasso del titolo e dunque sono state obbligate a ricoprirsi a carissimo prezzo. I colpevoli sono sempre i soliti ignoti: alla base dell’evoluzione c'è infatti la corsa dei fondi speculativi a ricoprirsi, innescata già nelle scorse settimane dalle voci (confermate l’altro ieri) dell’offensiva lanciata da Porche sul controllo del gruppo del Maggiolone. Operazione che poi è stata messa in campo: prima con un aumento della partecipazione in Vw al 42,6% e poi con un ulteriore 31,5% conquistato attraverso delle opzioni. L’effetto è stato così ancor più devastante perché la quota di titoli Volkswagen in mano a piccoli azionisti e liberamente negoziabili è scesa a meno del 6% (il Land della Bassa Sassonia, secondo azionista Vw dietro Porsche, controlla il 20,1%) scatenando il panico tra i fondi. Gli stessi che, nelle scorse settimane avevano venduto allo scoperto puntando su un ribasso del titolo Vw, e che nelle ultime sedute sono stati disposti a sborsare qualunque cifra pur di coprire le proprie posizioni. Oggi, si dice nelle sale operative, sarebbero addirittura spuntati alcuni prodotti strutturati creati ad hoc per cavalcare l’effetto Vw. Il risultato? “E’ stato shortato (ovvero si sono vendute azioni senza averle in portafoglio) più del capitale sociale”, risponde un trader. Qualcuno ieri ha tentato di fermare il massacro sollecitando uno stop delle contrattazioni per le azioni del gruppo tedesco. Invano. La Borsa di Francoforte ha negato spunti che facciano pensare a manipolazioni degli scambi precisando anche di non voler ritirare il titolo dal Dax. Quanto alla Bafin, la Consob tedesca, si è limitata a riferire che sta analizzando l’andamento di Francoforte per scoprire se ci sono indizi di insider trading. Insomma, anarchia. Gli operatori restano allibiti. Quelli italiani sottolineano, almeno per questa volta, le differenze con Piazza Affari dove le vendite allo scoperto sono state (pur tardivamente) vietate e un titolo viene sospeso al rialzo quando segna anche un solo +6%. A costo di comprimere l’indice e fargli indossare la maglia nera delle Borse europee.

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